
Mimma Anelli, Lecce
2 Agosto 2010
Ecco la mia piccoletta che mi attende all’uscita dalla Banca
Che tristezza sapere che domani sarà il mio ultimo giorno con la Cube. Oggi volevo andare a Cursi, come promesso, ma ho finito troppo tardi in ufficio e ho degli impegni in atelier inderogabili. A tutto questo si è aggiunta la fase pre lirica di Ilario. Mio marito lavora in Teatro e, come me, ama l’opera lirica. L’unico problema è che quando è in fase di preparazione di un opera la canta tutto il giorno! E la canta proprio tutta, tutte le arie e di tutti i personaggi. Quindi ora mi “tormenta” con il Barbiere di Siviglia che andrà in scena 8 Agosto. E’ una specie di mantra, solo che al posto di “Om shaantih shaantih shaantih Om”, è una cosa del tipo “Figarooooooo Figarooooooo Fiiiiii-gaaaaaa-roo”. Alla fine per solidarietà (o per disperazione) canto pure io!
Tanto vale approfittare del mio “pass-personale-Ilario”per fare alcuni scatti all’interno del Teatro Politeama Greco, dove stanno facendo le prove, anche se l’allestimento sarà all’aperto, a Palazzo dei Celestini. Parcheggio in centro (non vi dico che tutti guardano la macchina perché ormai già lo sapete) e mi dirigo verso il teatro.
La cosa che colpisce di più entrando dall’ingresso del palcoscenico è una scritta lasciata da un vecchio macchinista, ormai diventata famosissima tra tutti coloro che hanno calcato le scene di questo antico teatro. E’ proprio vero.
Qui finzione e realtà si mescolano sempre. Dietro il backstage c’è davvero un mondo a parte, soprattutto durante la stagione lirica. Tra coro, macchinisti, attrezzisti, ballerini, direttore di palcoscenico e maestri concertatori, direttore del coro, elettricisti sembra che ci sia un caos incredibile e invece tutti si muovono secondo un schema preciso: la musica. Perché ogni cosa deve essere fatta a tempo. Gli ingressi del coro, dei ballerini e dei cantati, gli attacchi, gli effetti luci, i cambi di scena. Ogni cosa trova la sua giusta collocazione all’interno delle note scritte dal musicista.
I cantanti provano ed io “rubo” qualche scatto da dietro le quinte. Sono al finale dell’atto primo (quello del famigerato concertato a cinque, che per la verità non riesce quasi mai a nessuno).
Il Barbiere di Siviglia è un opera divertente e gradevole da ascoltare, perché si susseguono tantissime scene buffe e parodie e la musica è sempre vivace e gioiosa.
Finite le prove posso gironzolare indisturbata sul palcoscenico e ne approfitto per fare alcuni scatti alle scene e agli attrezzi di scena.
Non poteva mancare ovviamente l’elogio a Tito Schipa, il famoso tenore leccese. Ecco una sua foto appesa ad una delle pareti del teatro con tanto di fiori e compagnia (il quadro del ritratto di donna realizzato dal macchinista della scritta famosa e tutti i ragni che popolano le pareti).
Il teatro è un mondo che mi affascina e vi confesso che ho provato a lavorare in teatro paio volte e con esiti tutt’altro che piacevoli. La prima volta ho provato a tirare giù una quinta.
C’è una vera e propria tecnica che i macchinisti sanno eseguire alla perfezione. Vedete questi nodi?Praticamente sono tre corde legate insieme, con un blocco alla fine. Una volta sciolto il nodo, bisogna far scendere lentamente la quinta fino a quando le corde si stoppano grazie al blocco. Ora a meno di non avere dei bicipiti di quelli da 20 anni di palestra ed un peso di 70 kg (io peso 55 kg e l’unica palestra che faccio è sulla tastiera del mio pc) si rischia di fare la mia misera fine: ero appesa alle corde come un sacco di patate!
Meno male che c’era Ilario, altrimenti sarei finita in graticcia (che è la parte più alta del palcoscenico). Da allora ho capito che il mestiere di macchinista non era per me.
Ho provato, quindi, a cimentarmi come elettricista. Ilario stava allestendo uno spettacolo e bisognava puntare le luci (ovvero direzionare il fascio di luce verso un punto preciso del palcoscenico). Per fare questo bisognava salire su una scala ad un altezza di circa 8/10 mt e direzionare il proiettore. Ho pensato che sarà mai? Se ci riescono loro perché non dovrei riuscirci anch’io? Bene, comincio a salire sulla scala. 2 mt tutto ok, 3 mt tutto ok. A 4 mt pensavo: non guardare in basso… non guardare in basso… (tipo il mantra di sopra).
Arrivo a 6 mt. Terrore! La scala si muove, dondola avanti e dietro ed io ho le vertigini. Che faccio? Mi sentivo come un gatto sopra un albero. Ero aggrappata alla scala comprese unghie conficcate nel legno (nooo si è rovinato il mio smalto rosso) e non potevo fare nulla. Non potevo né salire (ma non ci pensavo proprio) né scendere (si, si, voglio scendere!). Nessuno poteva venire a salvarmi perché la scala non avrebbe retto il peso di due persone. Panico! Panico! Panico! Insomma, dopo attimi di terrore puro finalmente, un passetto alla volta, riesco a scendere lentamente. Quando ho messo i piedi a terra vi giuro che (al diavolo il mio orgoglio) ho baciato il palcoscenico. Ed ecco come la mia brillante carriera in teatro ha avuto termine.
In compenso però ora mi godo lo spettacolo dalla platea, non mi azzardo a salire più le scale né a tirare corde e, con Ilario che canta tutto il giorno, conosco le opere a memoria e senza comprare un libricino!